Dott. Ruben Panizzut
Fisioterapista e Kinesiologo
Specialista in Riabilitazione Ortopedica e Sportiva

DOLORE ALLA GAMBA


La gamba è quella regione anatomica del corpo umano compresa fra il ginocchio e il collo del piede.
Il suo scheletro è costituito dalla tibia, collocata antero-medialmente, e dal perone, collocato lateralmente. Le due ossa sono unite tramite una membrana interossea.
Tra i muscoli che costituiscono la gamba il più potente è il tricipite surale formato dai gemelli e dal soleo.
Le lesioni ossee e muscolari della gamba sono traumi molto comuni in medicina dello sport.


INFORTUNI PIÙ FREQUENTI

FRATTURE TIBIA-PERONE
Per frattura si intende un’interruzione della continuità dell’osso.
La frattura avviene quando la forza applicata è di un’intensità tale da superare la resistenza dell’osso.
Diversi sono i modi per descrivere e classificare le fratture:
– in base all’origine della frattura: traumatica, patologica (tipiche degli anziani)
– in base al meccanismo di frattura: diretto o indiretto
– in base al decorso della rima di frattura: trasversa, obliqua, spiroide o longitudinale
– in rapporto all’eventuale spostamento dei segmenti fratturati: composta o scomposta
– in base all’integrità o meno della cute: chiusa od esposta
– in base allo spessore dell’osso interessato dalla frattura: completa o incompleta
– a seconda della stabilità della frattura stessa: stabile o instabile.
La sintomatologia tipica delle fratture è caratterizzata da dolore, rigidità, ematoma e limitazione funzionale dell’arto colpito.
La conferma diagnostica si avvale di una radiografia standard. Il trattamento in emergenza delle fratture viene gestito in pronto soccorso.
In seguito è importantissimo iniziare un trattamento riabilitativo personalizzato.
La rieducazione si svolge inizialmente per diminuire il dolore e l’infiammazione, in seguito per recuperare il massimo grado di movimento possibile, prima in palestra e alla rimozione dei punti di sutura anche in piscina.
Il recupero graduale della forza muscolare e della coordinazione sono poi fondamentali per il massimo recupero funzionale possibile.

LESIONI/INFORTUNI MUSCOLARI
Le lesioni muscolari sono tra i traumi più comuni in medicina dello sport.
Quante volte, magari proprio sul più bello di una partita a tennis o ai tempi supplementari del torneo di calcetto, vi è capitato di sentire un dolore forte, proprio lì, sul polpaccio, e avete cercato di resistere, portando a termine la partita ma senza poter più spingere al massimo. Oppure quell’avversario che ha fatto un’entrata a gamba tesa mentre stavate calciando, e quella volta, proprio non siete riusciti a rimanere in campo. Sono le famose lesioni muscolari, che così spesso generano dubbi e confusione, e che sono tra i più comuni traumi in medicina dello sport (dal 10% al 30% di tutti gli infortuni sportivi).
Bene, cerchiamo ora di fare chiarezza, sia sulla definizione corretta sia sul tempo di recupero che, diciamo la verità, è la prima cosa a cui pensiamo quando ci facciamo male: ma insomma, quando potrò rientrare?
Il primo punto da chiarire è che le indicazioni di massima che seguiranno devono essere considerate come delle linea guida, e che è fondamentale, sempre e in ogni caso, affidarsi a mani esperte. Innanzi tutto le lesioni muscolari possono insorgere o a causa di un colpo ricevuto (e in questo caso le chiameremo lesioni da trauma diretto o contusioni) o a causa di un movimento errato (lesioni da trauma indiretto).
Le contusioni sono facilissime da diagnosticare, perché l’atleta è in grado di riferire immediatamente il momento esatto in cui ha sentito il dolore, perché derivato da un contrasto con l’avversario o con un
ostacolo.
In questi casi, a seconda di quanto il dolore muscolare limita il movimento, la contusione viene definita lieve (quando il range di movimento è superiore alla metà del normale, moderata (tra la metà e un terzo) o di grado severo (quando riuscite a muovere pochissimo (meno di un terzo del normale).
In questi casi prima si cominciano le cure, prima si può tornare in campo.
Più complessa è la classificazione e la diagnosi dei traumi indiretti.
Se il dolore insorge accompagnato da un aumento diffuso del tono muscolare, solitamente al termine dell’attività sportiva, non è riferibile ad un preciso momento di gioco,non è ben localizzato e il paziente lo indica a mano aperta, su tutto il muscolo, siamo di fronte ad una contrattura muscolare.
Se al contrario il dolore è ben individuabile alla palpazione, insorge progressivamente durante l’attività sportiva, permette di continuare a giocare anche se con fatica, allora siamo di fronte ad uno stiramento, caratterizzato da assenza di lesione anatomica macroscopica. Anche in questo caso prima si comincia il trattamento, prima si guarisce.
Sono le vere e proprie lesioni o strappi muscolari (di primo, secondo e terzo grado) quelle che necessitano di tempi più lunghi, per poter ritornare in forma. In questi casi è sempre presente una lesione anatomica, di gravità variabile. Tale gravità è direttamente proporzionale alla quantità di tessuto interessato, al versamento ematico e al muscolo infortunato.
Difficile non individuare subito la vera lesione muscolare, perché l’atleta sente un dolore improvviso, acuto, con un preciso riferimento ad un gesto tecnico; l’atleta addirittura segna con un dito il punto della lesione. L’impotenza funzionale è tanto più precoce quanto grave è la lesione.
La diagnosi è essenzialmente clinica ma viene coadiuvata da un esame ecografico effettuato preferibilmente a 24/48 ore dal trauma; l’ecografia viene ripetuta periodicamente durante la riabilitazione per monitorare la guarigione. Il trattamento terrà conto del grado, della sede e del tipo di paziente.
Noi sappiamo che la lesione muscolare viene spesso più “bistrattata” che trattata.
Per questo abbiamo profuso molte delle nostre energie per definire dei protocolli che tengono nella giusta considerazione il tipo di lesione, la sua sede, ed il tipo di paziente.
Prevediamo un monitoraggio costante sia clinico che ecografico, consapevoli che il destino delle lesioni muscolari dipenda dal grado e dalla sede della lesione, ma anche dai frequentissimi errori di trattamento.


PATOLOGIE CRONICHE

FRATTURE DA STRESS
Le fratture da stress sono molto frequenti in medicina dello sport.
Sono il risultato di un carico ripetuto e ciclico sull’osso che supera la capacità ripartiva dell’osso stesso.
La diagnosi richiede un’attenta analisi clinica; il medico dovrebbe soffermarsi sul tipo di attività svolta e sulle sue eventuali modifiche.
Esistono infatti fattori predisponenti tra cui i terreni duri, la variazione qualitativa e quantitativa del carico e l’età. I soggetti più colpiti sono determinate tipologie di atleti (marciatori e podisti), i militari e gli anziani.
Le sedi più frequentemente interessate sono la tibia e i metatarsi.
Ci potrai riferire inizialmente dolore modesto e una sensazione di fastidio.
Nell’arco di 2-3 settimane il dolore aumenta fino a costringerti ad interrompere l’attività fisica.
Le fratture da stress possono presentare segni radiografici negativi per 10-14 giorni.
Ulteriori radiografie, una TAC, una risonanza magnetica o una scintigrafia potranno essere richieste se permane il dubbio diagnostico Il trattamento dipende dalla sede e dalla gravità.
Si va dal semplice riposo con un ciclo di fisiokinesiterapia, all’applicazione di un gesso, all’intervento chirurgico.


INTERVENTI CHIRURGICI

FRATTURA DI TIBIA E PERONE
Il trattamento in emergenza delle fratture di tibia e perone viene gestito dal medico specialista di pronto soccorso che dovrà decidere se procedere alla riduzione con successiva immobilizzazione o chiedere la consulenza del chirurgo ortopedico per l’eventuale intervento chirurgico.
In seguito per il massimo recupero funzionale possibile è importantissimo iniziare un trattamento riabilitativo precoce e personalizzato appena dimessi dall’ospedale.