DOLORE ALLA SPALLA
Lo scheletro concorre all’articolazione della spalla con tre ossa: omero, clavicola e scapola.
Esse sono connesse da muscoli, tendini, legamenti.
La testa omerale è una sfera ed è accolta parzialmente in una cavità chiamata glenoide che fa parte della scapola. Le rimane accostata grazie ad un robusto manicotto fibroso rappresentato dalla capsula ed all’azione stabilizzante dei potenti muscoli che la circondano. È ricoperta in alto da una sporgenza ossea proveniente dalla scapola chiamata acromion sotto la quale scorrono i tendini della cuffia dei rotatori cioè di un gruppo di muscoli che permettono le rotazioni esterne dell’arto superiore.
Anteriormente passano i due tendini del muscolo bicipite e del gran pettorale, l’intero complesso è completamente rivestito e protetto dal muscolo deltoide.
Tutte queste strutture si muovono reciprocamente senza attriti grazie alla presenza di una borsa che, contenendo fluido oleoso, funziona come un cuscinetto.
La spalla è un’articolazione molto complessa la cui straordinarietà è legata all’enorme libertà di movimento, che ti consente di portare la mano in quasi tutti i punti dello spazio.
Ma tutto questo ha un prezzo, e se sei afflitto da un problema alla spalla saprai benissimo quanto il dolore di questa articolazione possa essere intenso, quanto una sua instabilità o rigidità possano condizionare la tua vita, sia lavorativa che di relazione, che sportiva.
INFORTUNI PIÙ FREQUENTI
FRATTURA DI CLAVICOLA
Le fratture di clavicola sono tra le più comuni cause di lesione ossee.
La frattura si localizza più di frequente al passaggio fra terzo medio e laterale (80%) che è il punto più debole. Quando la frattura è completa il frammento mediale si porta in alto per azione dello sternocleidomastoideo mentre il frammento laterale va in basso per l’azione del deltoide e del peso del braccio.
Il meccanismo traumatico avviene per lo più per caduta sul braccio in estensione (caduta da cavallo, dalla moto, dalla bicicletta).
Il dolore in sede di frattura potrebbe essere talmente intenso da renderti incapace di muovere l’arto. L’area appare gonfia con presenza di deformità a livello dei capi di fratture che altera il normale profilo della spalla.
La frattura è generalmente evidenziata da una radiografia standard ma in alcuni casi è sufficiente un’ecografia muscolo-tendinea.
Per le fratture più difficili da individuare è opportuno eseguire una TAC mentre nel sospetto di una lesione della cuffia dei rotatori ti verrà consigliata una RMN.
La guarigione della frattura avviene tanto più velocemente quanto più i frammenti sono allineati, e questo richiede purtroppo che la spalla venga trazionata all’indietro dal bendaggio funzionale “a 8”, fastidioso ma necessario.
La clavicola guarisce in circa tre settimane, ma se i monconi sono molto scomposti ti verrà prolungata l’immobilizzazione.
Alla rimozione del bendaggio è presente un callo osseo esuberante percepito alla palpazione come gradino e spesso anche ben visibile.
Si evita, se possibile di trattare chirurgicamente questa lesione.
La riabilitazione è molto importante: alla rimozione del bendaggio è opportuno cominciare un ciclo di terapie in piscina e in palestra per recuperare al più presto l’articolarità della spalla, la forza dei muscoli e il controllo neuromotorio della spalla.
FRATTURA PROSSIMALE DI OMERO
Generalmente queste fratture si verificano a livello del collo chirurgico dell’omero.
Nei pazienti sopra i 50 anni il meccanismo traumatico è spesso una banale caduta, mentre nei più giovani le cause più comuni sono i traumi violenti, le cadute dall’alto, gli incidenti stradali e i traumi sportivi.
La sintomatologia è caratterizzata da dolore intenso sopra l’area della lesione e immediata impotenza funzionale. Il dolore peggiora anche con minimi movimenti della spalla.
L’esame radiologico standard è rappresentato da una radiografia seguita a volte dalla TAC.
Quando la dislocazione è modesta e la frattura è composta si ricorre ad un trattamento di tipo conservativo con immobilizzazione dell’arto mediante tutore per almeno 20-25 giorni associato a un ciclo di riabilitazione: esercizi pendolari, caute mobilizzazioni, esercizi di recupero della forza muscolare e della propriocezione.
LUSSAZIONE DI CLAVICOLA (ACROMION-CLAVEARE)
Questa lesione consiste nella rottura più o meno completa di alcuni fasci legamentosi che mantengono uniti i capi contrapposti dell’acromion e della clavicola.
La conseguenza è una dislocazione verso l’alto della clavicola che si associa a dolore ed impossibilità a muovere la spalla.
Il meccanismo traumatico è più frequentemente diretto (caduta a terra, ciclismo, calcio, contatto traumatico) con forza che va dall’alto verso il basso.
La sintomatologia è caratterizzata da dolore locale e deformità del profilo acromion-claveare. I quadri clinici sono comunque molto variabili in relazione all’entità del danno.
L’esame radiologico di base prevede proiezioni specifiche per l’articolazione acromion claveare. Anche l’esame ecografico può evidenziare le lesioni legamentose e dare indicazioni sul grado della lussazione.
La risonanza magnetica è indicata nel caso si sospettino lesioni capsulo legamentose associate come la lesione della cuffia dei rotatori.
Il trattamento è generalmente conservativo e consiste nell’immobilizzazione dell’articolazione per circa 20 giorni. Ciò permette alle strutture lacerate di cicatrizzare nella posizione migliore, ma richiede, alla rimozione del bendaggio, un ciclo di rieducazione per ripristinare il movimento e per recuperare la forza, inevitabilmente compromessi sia dal trauma che dal riposo forzato.
Se la lesione è stata complessa per riavvicinare i capi articolari diventa indispensabile il ricorso alla chirurgia.
ROTTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
Le rotture della cuffia dei rotatori possono essere parziali o complete e sono sempre più frequenti.
Nel 90% dei casi sono di natura degenerativa mentre nel 10 % di natura traumatica.
Le rotture degenerative sono la naturale evoluzione di una tendinopatia cronica della cuffia e di un conflitto esterno sottoacromiale.
Le rotture traumatiche riguardano pazienti giovani, sportivi “overhead” durante la pratica sportiva, oppure sono conseguenza di cadute sul moncone di spalla nel corso di incidenti e sono spesso associate a lussazioni anteriori o a fratture dell’omero.
L’approccio delle rotture parziali è generalmente conservativo e viene progettato e monitorato per consentire una buona autonomia nella vita di tutti i giorni.
Le lesioni complete hanno invece una prognosi peggiore e quasi sempre un’indicazione chirurgica, così come le lesioni parziali che non rispondono alla terapia conservativa prolungata per alcuni mesi.
LUSSAZIONE DI SPALLA (GLENO-OMERALE)
La spalla è l’articolazione più mobile del tuo organismo. Questa peculiarità le ha però anche procurato il triste primato di articolazione più instabile e quindi frequentemente sottoposta a lussazioni.
Quando una delle strutture che stabilizzano la spalla viene danneggiata in seguito ad un trauma, oppure si presenta più debole per caratteristiche individuali spesso legate alla familiarità, certi movimenti dell’arto superiore provocano uno scorrimento anomalo della testa omerale tanto da provocare dolore e senso di
instabilità, che raggiungono il loro apice negli episodi di lussazione della spalla caratterizzati da immediata impotenza funzionale e dolore intenso. In genere la riduzione della lussazione, e cioè il riposizionamento della testa omerale nella sua cavità, viene effettuato con manovre specifiche e non sempre facili.
È importante sapere se si tratta del primo episodio o se ci sono stati precedenti traumatici, quale lavoro svolgi e che sport pratichi.
Per la conferma diagnostica il medico ti consiglierà l’esecuzione di una TAC o una RMN, per stabilire il programma terapeutico più adeguato.
L’articolazione verrà poi immobilizzata con un tutore per un periodo di circa tre settimane cui seguirà un ciclo riabilitativo.
La riabilitazione svolge un ruolo determinante, sia perché il riutilizzo dell’arto superiore ha bisogno di un’articolazione libera e non dolente, sia perché la più frequente complicanza che si verifica dopo un episodio di lussazione è il permanere di un’instabilità che prima o poi darà luogo ad una recidiva.
Inizialmente la spalla si presenterà rigida, poco mobile, molto dolente, con una muscolatura ipotrofica e, non ultimo, difesa da un paziente molto spaventato. Il nostro compito è quello di personalizzare il programma al fine di raggiungere il delicato equilibrio che consente la maggior articolarità e, contemporaneamente la maggior stabilità possibile.
ROTTURA DEL CAPOLUNGO DEL BICIPITE OMERALE
La rottura del capo lungo del bicipite coinvolge più spesso la sua porzione prossimale. È più frequente nei soggetti sopra i quarant’anni che hanno una storia di dolore cronico da sindrome da impingement.
Ciò porta ad una sofferenza cronica del tendine sia da sovraccarico che da degenerazione tendinosica.
La rottura avviene più spesso in seguito ad uno sforzo intenso e nei pazienti più anziani è associata ad una sofferenza di tutta la cuffia dei rotatori.
Probabilmente hai avvertito la comparsa di dolore violento, improvviso, ben localizzato e spesso accompagnato da un rumore “tipo elastico che si rompe” con successiva comparsa di una protuberanza anteriore. In alcuni casi la rottura può anche essere asintomatica.
La diagnosi è prevalentemente clinica. Un’eventuale ecografia può essere utile nei pazienti con dolore cronico di spalla nei quali si sospetti una lesione della cuffia dei rotatori.
Il trattamento elettivo è conservativo e si sviluppa attraverso le consuete 5 fasi della riabilitazione.
Residua frequentemente una deformità estetica ma si riesce ad ottenere la flessione completa del gomito e il recupero della forza.
SLAP LESION
Con il termine Slap Lesion si indica la condizione anatomica di lesione del margine antero-superiore del cercine glenoideo associato al distacco del tendine del capo lungo del bicipite (Superior Labral Anterior to Posterior). È una lesione che può comparire o in seguito ad un gesto violento negli sport di lancio o in seguito a caduta sull’arto.
Raramente la comparsa dei sintomi è successiva a un traumatismo ben definito; più spesso la storia clinica riconduce a molteplici episodi traumatici durante attività “overhead”.
Molto spesso puoi essere in grado di riprodurre la lussazione volontariamente e più comunemente ciò avviene in posizione di lancio.
Probabilmente hai dolore a riposo, che aumenta nei movimenti sopra il capo con associata sensazione di “incastro” della testa omerale, sensazione di lassità e rumori articolari.
Nei casi più lievi l’intervento chirurgico può essere evitato con l’abolizione dei gesti sportivi o lavorativi “overhead” che stressano la lesione.
La riabilitazione deve enfatizzare il rinforzo dei muscoli intrarotatori cercando di recuperare il più in fretta possibile l’articolarità completa senza però forzare l’extrarotazione.
Esercizi di stretching della capsula e della cuffia posteriore possono alleviare i sintomi.
PATOLOGIE CRONICHE
CAPSULITE ADESIVA
La capsulite adesiva è un’entità clinica caratterizzata da una infiammazione aspecifica della capsula articolare della spalla. Può essere idiopatica o secondaria a traumi dell’articolazione e interventi chirurgici soprattutto se trattati con immobilizzazione prolungata.
È caratterizzata da una progressiva perdita dell’articolarità a causa della perdita di flessibilità della capsula. Colpisce più frequentemente le donne, nel periodo che va dai 40 ai 60 anni, e i pazienti con segni clinici di depressione.
Clinicamente si ha difficoltà soprattutto nelle intra ed extra rotazioni.
Ti verranno prescritte radiografie in proiezioni standard per evidenziare depositi calcifici o escludere altre patologie.
Il processo di recupero è di solito molto lento e può richiedere più di 2 anni.
Consiste in attività finalizzate al recupero dell’articolarità, sia in palestra che in piscina, che a domicilio.
Terapie fisiche e farmaci possono essere d’aiuto.
Dopo 12 mesi di trattamento con scarsi risultati può essere indicata la mobilizzazione in anestesia o l’artrolisi artroscopica.
IMPIGMENT (SINDROME DA CONFLITTO SUB-ACROMIALE)
Ogni volta che l’arto superiore viene sollevato oltre un certo grado, si verifica un restringimento dello spazio fra la testa omerale e l’acromion dove, protetti dalla borsa, scorrono i tendini della cuffia dei rotatori. Nella ripetizione di certi gesti atletici o di più normali mansioni lavorative, sia per squilibri muscolari che per l’irregolarità del profilo acromiale, l’aumento dell’attrito all’interno di questo spazio provoca dei fenomeni di infiammazione delle strutture in esso contenute.
A lungo andare possono comparire calcificazioni estremamente dolorose associate alla progressiva degenerazione del tendine fino alla rottura. Il dolore insorge anche di notte.
Questa serie di eventi provoca inevitabilmente il non uso dell’arto superiore, facilitando la formazione di aderenze intra-articolari con ulteriore aggravamento del quadro clinico.
Il medico specialista va consultato molto presto, perché una terapia riabilitativa iniziata precocemente e ben condotta è in grado di interrompere il ciclo vizioso che abbiamo descritto, evitando inoltre il ricorso a terapie farmacologiche ed infiltrative che diventano indispensabili nelle fasi più avanzate della malattia.
Se le indagini eseguite rivelano la presenza di alterazioni anatomiche importanti, come lesione dei tendini della cuffia dei rotatori più o meno completa, o la presenza di calcificazioni molto voluminose, il trattamento più indicato sarà quello chirurgico seguito da un lungo ciclo di rieducazione.
INSTABILITÀ DELLA SPALLA
Nella definizione di spalla instabile rientrano differenti quadri nosologici, quali le lussazioni, le sublussazioni e la patologia da iperlassità. Sono state proposte diverse classificazioni e noi ci riferiremo all’instabilità che interessa i pazienti con segni di lassità congenita generalizzata associata ad instabilità di spalla bilaterale e multidirezionale (anteriore, posteriore e inferiore).
L’instabilità può anche essere acquisita in sportivi quali ginnasti, pallavoliste, sollevatori di pesi e nuotatori. Il meccanismo patogenetico è da ricercarsi nella reiterazione dei movimenti sopra il capo che a causa della lassità articolare creano sollecitazioni meccaniche anomale su strutture nervose e tessuti molli periarticolari (microtraumi ripetuti) fino a dare origine a dolore.
Se sei arrivato in questa sezione, probabilmente inizi a lamentare dolore alla spalla e/o disturbi tipo “braccio morto” o parestesie all’arto superiore in attività della vita quotidiana o sportiva che fino ad oggi erano risultate asintomatiche, o hai avuto uno o più episodi di lussazione o più spesso sublussazione senza un trauma significativo.
Il medico ti prescriverà esami strumentali per lo studio delle strutture capsulari, tendinee e muscolari e del cercine. Il trattamento conservativo rappresenta un primo approccio nel gestire la complessa situazione clinica. Il lavoro è finalizzato principalmente al miglioramento della biomeccanica articolare con esercizi per i muscoli che stabilizzano l’articolazione; in particolare negli sport “overhead” bisogna rinforzare tutti i muscoli della cuffia perché sono coinvolti nel controllo della traslazione omerale.
Il recupero del controllo neuromuscolare è fondamentale perché il deficit della coordinazione in questi pazienti è tipico. Esercizi per la coordinazione possono trovare i giusti spazi nella rieducazione sul campo dove il paziente potrà essere sottoposto ad esercitazioni dinamiche e maggiormente specifiche.
Dopo il fallimento di almeno 6 mesi di terapia conservativa verrà proposto l’intervento chirurgico che dovrà essere comunque seguito da un trattamento riabilitativo adeguato.
SINDROME DELLO STRETTO TORACICO
Il termine “Sindrome dello stretto toracico” comprende una serie di sindromi, spesso bilaterali, determinate dalla compressione di strutture nervose e/o vascolari da parte di strutture ossee o muscolari.
Tale compressione può essere causata anche da un’alterazione dell’equilibrio posturale del cingolo scapolare e dall’attività prolungata dell’arto superiore sopra il capo o da problemi artrosici del rachide cervicale che possono determinare una contrattura riflessa degli scaleni.
È più frequente nelle donne tra i 20 e i 50 anni, nei soggetti dediti al body building con costa sovrannumeraria ed ipertrofia del cingolo scapolare e nei pazienti che praticano pallanuoto.
La sintomatologia tipicamente intermittente è legata alla posizione dell’arto superiore ed è caratterizzata da una combinazione di sintomi e segni clinici riferiti al rachide cervicale, alla spalla, al braccio e alla mano, isolati o combinati fra loro, che solitamente peggiorano se si solleva l’arto sopra il capo per ulteriore riduzione dello spazio anatomico destinato al passaggio delle strutture vascolo-nervose.
La sindrome nel tempo può causare emicrania cronica, deficit di forza e di coordinazione dell’arto superiore, impossibilità a svolgere attività lavorative con gesti sopra il capo (imbianchino, magazziniere ecc…), oppure esitare nel fenomeno di Raynaud fino alla comparsa di ulcere cutanee al braccio e alla mano.
Per giungere ad una diagnosi corretta il medico ti sottoporrà a test clinici affidabili e vari esami, dalla radiografia convenzionale alla TC tridimensionale.
Il trattamento elettivo è quello conservativo che mira alla correzione di atteggiamenti posturali quali la caduta della spalla, l’eccessiva retroposizione della spalla e comportamenti di vita sbagliati (portare oggetti pesanti, gesti sopra il capo prolungati, dormire sul lato dolente o con arto in iperabduzione).
In caso di fallimento del trattamento conservativo verrà posta indicazione al trattamento chirurgico.
INTERVENTI CHIRURGICI
SLAP LESION
Il trattamento chirurgico consiste nella regolarizzazione del cercine glenoideo, nell’ancoraggio del margine distaccato del labbro glenoideo e nella tenodesi ed ancoraggio del capo lungo del bicipite, associato o meno ad intervento sulla cuffia dei rotatori.
Può essere condotto o per via artroscopica o a cielo aperto.
Dopo l’intervento viene generalmente posizionato un tutore in moderata abduzione in posizione neutra per 3-4 settimane. Tra la 3° e la 6° settimana post-operatoria verrà concesso un graduale recupero della mobilità passiva su tutti i piani.
A questo punto si può incrementare il lavoro di articolarità per raggiungere la mobilità completa dopo 10-12 settimane da intervento.
A partire dalla 3° settimana si può iniziare un rinforzo isometrico submassimale con attenzione agli esercizi che possono sollecitare il capo lungo del bicipite; la mobilità attiva viene tuttavia mantenuta sotto i 90° di elevazione fino a circa 6 settimane dall’intervento quando si completa la fase di protezione.
Nei pazienti sportivi il programma riabilitativo sarà più aggressivo ed accelerato e mira a recuperare la
completa articolarità a 6-8 settimane dall’intervento (se non si inizia a mobilizzare subito la spalla aumenta il rischio di avere una rigidità di spalla con deficit soprattutto della extrarotazione).
Per il ritorno all’attività sportiva (sport di contatto e sport di lancio) servono circa 6 mesi dalla data dell’intervento.
SUTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
La riparazione chirurgica delle lesioni può essere eseguita sia a cielo aperto che in artroscopia. In quest’ultimo caso il danno ai tessuti periarticolari è limitato e la riabilitazione è meno difficoltosa.
L’obiettivo del chirurgo è ricreare il cosiddetto “footprint”, ovvero l’esatta anatomia dell’ inserzione dei tendini sull’omero.
Quando la lesione è inveterata, la retrazione dei monconi tendinei e la degenerazione delle fibre è tale da impedire al chirurgo di eseguire una re-inserzione anatomica. In questo caso si punta all’avvicinamento dei lembi della lesione. Il buon risultato della chirurgia a lungo termine dipende dall’integrità della sutura. Nel tentativo di incrementare la percentuale dei buoni risultati a lungo termine si sta diffondendo la tecnica a doppia fila di sutura (double row).
Fondamentale nel programmare la riabilitazione è la collaborazione con il chirurgo che deve fornirci informazioni riguardo le caratteristiche del tessuto, il grado di tensione delle suture effettuate e gli obiettivi che sono stati condivisi con il paziente prima dell’intervento.
Il programma riabilitativo deve essere accuratamente progettato e monitorato dovendo mediare tra due esigenze: quella di rispettare la guarigione biologica della sutura e quella di dare stimoli precoci soprattutto nell’ambito del recupero dell’articolarità.
FRATTURA PROSSIMALE OMERO
La frattura prossimale di omero si verifica principalmente (80% dei casi) in donne con osteoporosi. Il tipo di trattamento che è quasi sempre chirurgico consiste nella stabilizzazione dei frammenti con fili di Kirshner o con chiodo di Rush, nella osteosintesi con placca e viti, oppure, nei pazienti con età superiore ai 40 anni con frattura in 4 parti, si esegue l’intervento di endoprotesi (protesi di spalla).
Indipendentemente dal tipo di intervento effettuato è indispensabile la mobilizzazione precoce per prevenire la rigidità post-traumatica.
La mobilizzazione passiva viene iniziata al più presto, nell’arco libero da dolore. Il tuo medico gestore sarà in contatto continuo con il chirurgo, per stabilire insieme i tempi e le modalità del recupero articolare.
Eseguirai frequenti controlli radiografici per verificare il mantenimento dei rapporti e la stabilità della frattura sintetizzata.
Sarà poi opportuno eseguire una risonanza magnetica per controllare anche le condizioni dell’osso della testa omerale che in queste fratture può andare incontro a necrosi.
A partire dalla terza settimana dall’intervento possono essere iniziati esercizi di cauta mobilizzazione assistita, privilegiando i movimenti in elevazione sul piano scapolare e facendo molta attenzione invece nelle rotazioni.
Andranno eseguiti anche esercizi pendolari, esercizi di riattivazione degli stabilizzatori della scapola, massaggio del cingolo scapolare, soprattutto del trapezio superiore e dell’elevatore della scapola spesso contratti.
Molto utile il trattamento rieducativo in acqua che consente un maggiore rilassamento muscolare.
Dalla 6° settimana post-operatoria si può agire maggiormente sulla mobilizzazione, rispettando comunque il dolore e il completamento della cicatrizzazione dei tessuti; l’inserimento nel protocollo di esercizi attivi per la cuffia dei rotatori andrà concordato con il chirurgo onde evitare scomposizioni della frattura sempre possibili nei primi mesi dall’intervento.
Le fasi di recupero della coordinazione e della gestualità sportiva possono essere eseguite alternando sedute in palestra con sedute in campo, dove la coordinazione tra i movimenti del tronco e dell’arto superiore, e quindi della catena cinetica complessiva, vengono analizzati e rieducati al meglio.
Il periodo di trattamento richiede non meno di 3-4 mesi di terapie per il recupero dell’articolarità e della funzionalità.
SINDROME DELLO STRETTO TORACICO
Giungerai alla nostra osservazione non prima di 3-4 settimane dall’intervento chirurgico.
Nel post-operatorio indosserai un tutore di protezione con arto intraruotato fino alla desutura.
Esami complementari che potresti eseguire sono una EMG se persistono deficit sensitivi e/o di forza all’arto superiore, un’eco-color-doppler arterioso e venoso se persistono disturbi quali riduzione del polso radiale o congestione/edema della mano ed avambraccio e per il monitoraggio clinico.
Il trattamento riabilitativo post-chirurgico differisce dal trattamento conservativo in quanto, almeno in una fase iniziale, è più mirato al recupero dell’articolarità che alla correzione degli atteggiamenti posturali scorretti.
La differenza principale deriva dal fatto che dopo un periodo di parziale immobilità dell’arto superiore del lato operato ci si dedicherà al recupero della stabilità dinamica cervico-scapolo-torocacia prima di iniziare il lavoro attivo in flessione ed abduzione della spalla.
Nella fase iniziale risulta pertanto molto utile eseguire terapie riabilitative anche in piscina, per velocizzare il recupero dell’articolarità.
Il primo periodo di terapie sarà più intenso.
Per uno sportivo il numero delle sedute sarà maggiore (sia in termini di frequenza settimanale che di numero di settimane di terapie) e comunque la ripresa dello sport è consigliabile che non avvenga prima dei 3 mesi dall’intervento.
TRATTAMENTO CHIRURGICO INSTABILIÀ
Episodi di lussazione recidivante o di instabilità cronica vanno valutati per scegliere il trattamento chirurgico più adeguato.
La chirurgia può restituire il controllo all’articolazione scapolo-omerale, aumentando l’effetto contenitivo delle strutture deputate alla stabilità statica, come la capsula ed il cercine glenoideo.
Il tuo ortopedico ti chiederà da quanto tempo la spalla ha iniziato a darti dei problemi, in quale direzione si sposta, che stile di vita conduci e che sport pratichi, inoltre valuterà i danni anatomici descritti dalla TAC o dalla RMN; sulla base di tutte queste informazioni deciderà il tipo di intervento per il quale potrà seguire sia una procedura a cielo aperto che artroscopica.
Dopo l’intervento il dolore sarà piuttosto intenso, ma verrà controllato con i farmaci antidolorifici e l’applicazione di ghiaccio.
Da circa due anni Isokinetic Roma sta collaborando col Prof. Marco Maiotti, che ha sviluppato una tecnica moderna artroscopica per trattare la lussazione anteriore recidivante della spalla.
La tecnica viene chiamata A.S.A. e ad oggi con questa tecnica sono stati operati circa 200 pazienti in diversi centri anche stranieri.
La tecnica è stata pubblicata su Arthroscopy Techniques, Vol 2, No 3 (August), 2013: pp e303-e310. Per saperne di più sull’intervento di stabilizzazione sottoscapolare (A.S.A.) clicca qui.
Maggiori dettagli sul tema della lussazione della spalla e sull’intervento sono illustrati in una puntata del programma Galeno Sport, su Rai News (clicca qui per guardare il video) e in una puntata di UnoMattina (clicca qui per guardare il video).
Per conoscere l’innovativa tecnica di intervento chirurgico “A.S.A.” e la riabilitazione dopo intervento di stabilizzazione della spalla con augmentation del sottoscapolare (A.S.A.) guarda il video o scarica la brochure.
In seguito all’intervento in artroscopia, si dovrà portare un tutore per 3 settimane.
Alla rimozione di tale tutore si potrà iniziare il percorso riabilitativo.
Tale percorso ha lo scopo di raggiungere il massimo recupero funzionale e il suo inizio molto precoce è dovuto al fatto che in questo modo si può agire tempestivamente per lavorare in maniera specifica sull’extra
rotazione. Il percorso riabilitativo attraversa cinque fasi:
Prima fase: Risoluzione del dolore
Alla rimozione del tutore la spalla è generalmente già poco dolente, persistono solo contratture antalgiche ed edemi declivi. Si procede quindi con terapie fisiche e lavoro decontratturante sul cingolo scapolare, associato a mobilizzazioni attive ed attive/assistite. In questa fase il recupero si ottiene anche attraverso l’idrokinesiterapia dove si sollecita la spalla anche a 90° di elevazione e abduzione. I pazienti/atleti già in questa fase iniziano il lavoro aerobico di ricondizionamento atletico, in acqua. 4° post operatoria.
Seconda fase: Recupero completo dell’articolarità
Il primo obiettivo da raggiungere in questa fase è ridare al paziente la piena articolarità della spalla per poter svolgere le attività della vita quotidiana ( guidare, lavorare, etc.). Tale obiettivo si raggiunge inserendo, oltre all’articolarità attiva, anche quella passiva svolta dal rieducatore, su tutte le direzioni. Ci si concentrerà maggiormente sullo stretching capsulare e sul recupero delle rotazioni. 4°-5° settimana post operatori.
Terza fase: Recupero della forza
Ad articolarità completa si inizia a rinforzare tutto il cingolo scapolare, correggendo le eventuali discinesie presenti anche prima dell’intervento, rinforzando i muscoli del braccio, associando sempre lavori di stretching della capsula assistiti. Il ritorno all’attività sportiva non può prescindere in questa fase anche del lavoro di core stability. 5°-8° settimana post operatoria.
Quarta fase: Recupero delle capacità propriocettive
La spalla, che ormai ha un adeguato livello di forza, inizia a subire delle sollecitazioni su tutte le direzioni, ad intensità crescente ( palla a muro, superfici instabili, lanci, etc.). In questa fase si comincia il lavoro specifico senza l’uso degli attrezzi. Si esegue la propedeutica al campo con delle sedute di neuro plasticità in acqua. Viene eseguito un test di valutazione funzionale per monitorare lo stato di forma raggiunto. 7°-9° settimana post operatoria.
Quinta fase: Recupero del gesto specifico
La spalla ormai ha raggiunto il massimo recupero in ambiente “ protetto”: ora deve iniziare a ritrovare il gesto specifico e quindi inizia la riabilitazione sul campo sportivo. Questa fase prevede una progressione che vede l’utilizzo di superfici instabili, lancio a diversi gradi con palle a diametro progressivo, inserimento di contrasti con sagome fisse, contrasti contro sagome in movimento, utilizzo dell’attrezzo sportivo (racchette, mazze da golf, etc.) sia con vincoli e resistenze sia libero. 8°-12° settimana post operatoria.
A questo punto si sarà ottenuta la completa gestualità e si può ricominciare a praticare qualsiasi sport.
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