Dott. Ruben Panizzut
Fisioterapista e Kinesiologo
Specialista in Riabilitazione Ortopedica e Sportiva

DOLORE A PIEDE E CAVIGLIA


Il complesso caviglia-piede è un punto di appoggio sottoposto a continue sollecitazioni. Se le tue caviglie ti danno delle preoccupazioni, devi pensare che, proprio attraverso le caviglie, il carico viene trasferito al piede e quindi al suolo, in un’area di appoggio assai limitata rispetto al peso corporeo ed all’altezza del tuo baricentro.
Le caviglie sono quindi molto vulnerabili e soggette a distorsioni, che possono diventare molto invalidanti. Il piede è una struttura forte e sofisticata: è formato da 26 ossa, unite in 33 articolazioni, rinforzate da più di 100 legamenti.
Il peso del corpo gli viene trasmesso dalla caviglia o articolazione tibio-tarsica, un complesso osteo-legamentoso a forma di mortaio: la tibia ed il perone con i loro due malleoli sormontano ed avvolgono la parte superiore dell’astragalo che svolge il compito di trasmettere le forze alle altre ossa del piede.
Tra tutte queste ossa sono tesi i legamenti, robuste corde fibrose la cui rottura, conseguente ai traumi distorsivi più seri, comporta un aumento del gioco articolare con conseguente instabilità.


INFORTUNI PIÙ FREQUENTI

DISTORSIONE DI CAVIGLIA
Le distorsioni di caviglia fanno parte dell’esperienza di molte persone anche non sportive, ma rappresentano indubbiamente l’evento accidentale più frequente nella carriera sportiva di un atleta.
Il più frequente meccanismo di infortunio è in inversione (rotazione interna della pianta del piede) ma può essere anche causato da una eversione (rotazione esterna della pianta del piede) e a volte i due meccanismi possono coesistere.
Il legamento maggiormente interessato nel meccanismo lesivo in inversione è il peroneo astragalico anteriore (PAA) seguito dal peroneo-calcaneare (PC) e dal peroneo astragalico posteriore (PAP), mentre le lesioni in eversione determinano una lesione a carico del legamento deltoideo.
Il gonfiore è in genere immediato e il dolore può essere molto intenso; i movimenti sono molto limitati dal gonfiore e la stabilità della caviglia è compromessa nei gradi più avanzati.
In un’articolazione molto gonfia la radiografia viene quasi sempre effettuata per escludere che vi siano fratture.
L’ecografia effettuata a distanza di alcuni giorni consente di evidenziare la lesione delle strutture legamentose tipiche della distorsione. In casi selezionati l’esame può essere completato con una RMN o TC.
Il trattamento riabilitativo delle lesioni traumatiche acute è fondamentale per il ripristino della stabilità dell’articolazione e della sua funzionalità dinamica.
Alla fine del ciclo riabilitativo è poi importante che il paziente esegua un programma di mantenimento allo scopo di evitare o minimizzare le recidive.

ROTTURA DEL TENDINE D’ACCHILLE
Il tendine d’Achille è il tendine più voluminoso e robusto del nostro organismo.
Sollecitazioni ripetitive negli atleti, o il semplice avanzare dell’età nei sedentari, possono portare ad alterazioni della struttura tendinea fino a rotture parziali o complete del tendine stesso.
Questa tanto temuta lesione è la conseguenza di una tendinite cronica spesso non riconosciuta o sottovalutata. Colpisce soprattutto i saltatori, i corridori, i calciatori ed i tennisti, realizzandosi come conseguenza di una brusca contrazione muscolare.
La sintomatologia è caratterizzata da un dolore acuto e improvviso nella regione posteriore della gamba, spesso associato a un rumore di “schiocco”.
Probabilmente hai avuto la sensazione di aver ricevuto una frustata o un calcio da un avversario. La rottura genera una impotenza funzionale immediata tale da impedire la deambulazione.
La diagnosi si basa essenzialmente sul quadro clinico: a volte è presente un vallo ben evidente in corrispondenza della rottura.
Il sospetto diagnostico viene spesso confermato da un esame ecografico che evidenzia molto bene l’interruzione delle fibre tendinee e permette di distinguere tra le rotture totali e quelle subtotali.
Per questa patologia è indispensabile intervenire chirurgicamente.

FRATTURE MALLEOLARI
Possono verificarsi per traumi sportivi, incidenti stradali, domestici o sul lavoro. Nella maggior parte dei casi si dovrà trascorrere un periodo di 30–40 giorni d’immobilizzazione con gesso o tutore.
Conseguentemente all’immobilizzazione la caviglia sarà rigida e sarà evidente una marcata e generalizzata ipotrofia muscolare.
Quando il nostro medico ti visiterà, è fondamentale che abbia a disposizione tutte le radiografie effettuate. In particolare è decisiva quella di controllo dopo la rimozione del gesso: solo se la frattura è ben consolidata e i malleoli sono in asse avremo un buon esito riabilitativo.
Per il pieno recupero la rieducazione dura a lungo e i tempi per consentire il carico vanno condivisi con l’ortopedico.
Vengono utilizzate terapie fisiche e farmacologiche per ridurre dolore e gonfiore, terapie manuali e linfodrenaggio, esercizi propriocettivi precoci introdotti con il progredire del carico ed esercizi di rinforzo della muscolatura della caviglia.
Precocemente in alternanza alla palestra per favorire il recupero della schema corretto del passo è indispensabile la rieducazione in acqua.

FRATTURE METATARSALI
Le fratture più frequenti sono quelle del IV e V metatarso e nella maggioranza dei casi non vengono operate.
Probabilmente hai provato un dolore acuto (spesso associato a rumore), in seguito ad un trauma distorsivo dell’avampiede, oppure dopo una ricaduta da un salto.
Tra le cause sono frequenti anche gli incidenti motociclistici e automobilistici.
Di solito è necessario un gesso per almeno 30 giorni, dopo i quali si apprezza frequentemente una notevole ipotrofia dei muscoli della gamba.
Per la diagnosi corretta è indispensabile l’effettuazione di una radiografia del piede.
Il periodo riabilitativo inizia con un carico sfiorante e progressivo sino all’abbandono completo delle stampelle.
Si devono recuperare articolarità e fluidità, propriocezione, e viene impostato il rinforzo muscolare di tutto l’arto inferiore, fino alla riabilitazione sul campo sport specifica.
Nel caso di osteosintesi, il percorso riabilitativo non cambia nella sostanza.
Sarà anzi possibile ipotizzare una riduzione dei tempi riabilitativi nella concessione del carico.

FRATTURE-LUSSAZIONE DI LISFRANC
Si tratta di una patologia rara e spesso di difficile diagnosi. Coinvolge l’articolazione tarso-metatarsale (articolazione di Lisfranc).
Il meccanismo traumatico può essere di tipo diretto o indiretto. Un classico trauma diretto è rappresentato da un calcio a livello del mesopiede, il più delle volte sottovalutato.
La sintomatologia è caratterizzata da dolore intenso sotto carico localizzato al mesopiede ed esacerbato dalla compressione lungo la linea di Lisfranc.
La radiografia è negativa nel 20% delle lussazioni. È comunque l’esame più indicato in una prima fase, mentre la TC è utile per evidenziare le lesioni occulte.
Nelle lesioni senza instabilità ti verrà consigliato l’uso di un tutore tipo walker per 4-6 settimane, fino alla remissione della sintomatologia. Vengono utilizzate terapie fisiche per ridurre il dolore e il gonfiore e impostato un programma specifico di rinforzo dei muscoli della caviglia.
In caso di lesioni instabili è necessario il trattamento chirurgico, consistente in una fissazione percutanea con fili o con viti seguita da immobilizzazione con tutore.
Successivamente il trattamento riabilitativo non si discosta da quello conservativo.

LESIONI CARTILAGINEE
Si verificano in seguito a traumi distorsivi e sono spesso causa di dolore persistente con conseguente limitazione funzionale. La sede più frequente di lesione è il compartimento mediale.
Probabilmente in passato hai subito numerosi traumi distorsivi che hanno determinato la persistenza di dolore, limitazioni dell’articolarità, gonfiore e limitazione dell’attività sportiva.
Le radiografie di pronto soccorso sono sempre indicative.
La RMN è l’esame elettivo, per constatare fratture osteocondrali con spostamento del frammento.
Il trattamento differisce a seconda dell’estensione della lesione.
Una volta escluso che la lesione è del 4° livello (lesione con spostamento del frammento dove l’approccio è solo chirurgico), si può procedere con un trattamento riabilitativo.


PATOLOGIE CRONICHE

TENDINOPATIA ALCHILLEA
Sotto questo nome generico rientrano una serie di patologie di tipo infiammatorio e degenerativo catalogate a seconda dei casi come tendiniti, tendinosi e tendiniti inserzionali.
Possono essere la conseguenza di un evento acuto scatenato da un sovraccarico funzionale o da microtraumi ripetuti spesso favoriti da calzature non idonee, terreni duri o riscaldamento inappropriato prima dell’attività fisica.
Inizialmente i sintomi tendono a peggiorare a riposo (i primi passi al risveglio sono particolarmente fastidiosi) e migliorano “a caldo”.
In seguito il dolore non scompare con l’attività ma la limita fino a renderla impossibile. L’errata sollecitazione della porzione distale del tendine può nel tempo portare ad una borsite complicando ulteriormente il quadro clinico.
La diagnosi si basa sul quadro clinico caratterizzato da dolore, gonfiore, arrossamento della cute, e viene confermata dall’ecografia che chiarisce sede, grado ed estensione della lesione.
Il trattamento di una tendinopatia è sempre molto delicato e le possibilità di successo dipendono dalla gravità del quadro patologico e dal tempo di insorgenza della sintomatologia. È comunque fondamentale impostare precocemente il trattamento riabilitativo.

FASCITE PLANTARE E SPERONE CALCANEARE
La fascite plantare è una patologia che riguarda la struttura di tessuto connettivo fibroso che origina dalla tuberosità calcaneare e si inserisce sulle teste metatarsali.
Durante la fase di appoggio nel passo e nella corsa la fascia plantare viene stirata in modo significativo e il punto maggiormente sollecitato è la sua inserzione sul calcagno. Qui può prodursi nel tempo una calcificazione allungata che segue il decorso della fascia e che radiologicamente produce il tipico sperone calcaneare. La presenza dello sperone non è però necessariamente legata alla sintomatologia: ci sono speroni non dolorosi (riscontrati per caso in una radiografie del piede eseguita per altri motivi) e fasciti plantari molto dolorose ma che radiologicamente non hanno prodotto nessuno sperone.
È una patologia molto comune tra gli sportivi che praticano corsa, ballo, tennis, basket e magari hanno sbagliato la progressione dei carichi di lavoro durante l’allenamento.
Si presenta spesso anche tra gli anziani che sono passati da scarpe con un rialzo a scarpe basse, tra chi per lavoro è costretto ad usare scarpe antiinfortunistica, nei pazienti in sovrappeso e tra coloro che hanno una alterazione anatomica a livello dell’arco plantare (piede cavo rigido, piede piatto). In linea di massima
questa patologia tende a cronicizzare perché viene spesso trascurata dai pazienti per molti mesi e questo contribuisce a rallentarne la guarigione.
La sintomatologia è caratterizzata da dolore acuto al mattino e nei movimenti a freddo; il dolore tende a migliorare dopo i primi passi e a riacutizzarsi durante la giornata. Può essere presente un gonfiore circoscritto alla zona dolente. Non di rado i muscoli del polpaccio presentano un deficit di forza e di estensibilità.
Per la diagnosi sarà utile eseguire una radiografia ed eventualmente un’ecografia.
La terapia immediata prevede il riposo sportivo e l’eliminazione dei fattori predisponenti (uso di calzature idonee e calo ponderale). Potrà essere utile l’uso di plantari per correggere eventuali anomalie a carico dell’arco plantare. Spesso la terapia ad onde d’urto si rivela molto efficace nel risolvere il quadro infiammatorio.

NEUROMA DI MORTON
La Sindrome di Morton è riconducibile ad un rigonfiamento dei rami del nervo plantare che decorrono tra il secondo ed il terzo e tra il terzo e il quarto metatarso. La compressione del nervo tra le teste metatarsali è determinata dai microtraumi che si verificano durante la deambulazione e dall’utilizzo di scarpe troppo strette.
La sintomatologia è rappresentata da dolore a comparsa improvvisa, spesso paragonata ad una scossa elettrica. Spesso coesistono parestesie sulle due dita interessate.
La diagnosi è essenzialmente clinica ma la conferma può avvenire attraverso un’ecografia o una risonanza magnetica (RMN).
Il trattamento è inizialmente conservativo ma nei casi refrattari si deve ricorrere all’intervento chirurgico che consiste nell’asportazione del neuroma.


INTERVENTI CHIRURGICI

TENORRAFIA ALCHILLEA
Possono essere effettuati numerosi tipi di sutura del tendine d’Achille. Sono chiamate tenorrafie e vengono oggi eseguite con tecniche che prevedono piccolissime incisioni, tali da ovviare ai disturbi di cicatrizzazione legati alle incisioni molto lunghe, ed in grado di ridurre i tempi di recupero.
L’intervento viene di solito seguito dall’immobilizzazione con tutore in equinismo per 2-3 settimane e un tutore in flessione neutra per 4 settimane con carico permesso dopo la 4° settimana dall’intervento chirurgico.
Le terapie riabilitative cominciano in genere dalla 4°-5° settimana dall’intervento e si svolgono inizialmente alternando piscina e palestra.

FRATTURE MALLEOLARI
Sono le più comuni fratture dell’arto inferiore: interessano il malleolo interno e il malleolo esterno, e spesso sono associate a lesioni legamentose della caviglia.
La frattura che coinvolge i due malleoli e la porzione posteriore della tibia è definita frattura trimalleolare.
Probabilmente hai avuto un trauma in seguito ad incidente stradale, un trauma sportivo, o una caduta accidentale.
A seconda della diversa tipologia di frattura si hanno interventi chirurgici diversi, con l’utilizzo di svariati mezzi di sintesi, o con fissatore esterno.
Potrai iniziare il periodo di riabilitazione dopo un periodo di gesso, oppure con il fissatore. È importante che tu sappia che si tratta di una rieducazione lunga ed impegnativa, che richiede mediamente 4 mesi per il recupero di una funzionalità discreta ed 8 mesi per il recupero dell’attività sportiva agonistica.
In genere dopo un anno dall’intervento ti verrà consigliata la rimozione dei mezzi di sintesi.
Il trattamento riabilitativo dopo la rimozione dei mezzi di sintesi viene effettuato per almeno un mese.

LESIONI CARTILAGINEE
Le lesioni cartilaginee di caviglia si verificano in seguito a traumi distorsivi, e sono spesso causa di dolore persistente con conseguente limitazione funzionale.
La sede più frequente di lesione sembra essere il compartimento mediale.
Nelle lesioni di dimensioni minori sono indicati l’intervento di debridment o le perforazioni; nelle lesioni maggiori sono indicati la mosaicplasty o il trapianto di condrociti.
Se ti sei sottoposto a questo tipo di intervento probabilmente sei una persona sportiva che ha subito in passato numerosi traumi distorsivi con persistenza di dolore, limiti articolari e gonfiore.
Il carico ti verrà concesso dopo 4 o 6 settimane a seconda del tipo di intervento chirurgico.
Il nostro percorso insieme comprenderà lavoro in piscina, in palestra e sul campo sportivo; in seguito potrai riprendere gradualmente gli allenamenti con la tua squadra.

ALLUCE VALGO
È una “deformità acquisita” dell’articolazione metatarso-falangea del I dito.
Di solito per il primo mese dopo l’intervento correttivo ti faranno indossare un calzare a cuneo con solo appoggio calcaneare (la scarpa Talus).
In seguito potrai iniziare il ciclo di riabilitazione.
Per i primi tempi il dolore sarà importante, presente alla pressione sulla cicatrice e anche a riposo (soprattutto notturno) e il gonfiore sarà diffuso a tutto l’avampiede.
Solitamente si tratta di un ciclo comprendente una ventina di sedute, in genere a giorni alterni.
Inizierai con terapie fisiche per ridurre dolore e gonfiore, linfodrenaggio e massaggio al piede; in seguito mobilizzazione articolare di caviglia e del primo dito e graduale rinforzo della muscolatura del piede, della gamba e della coscia, esercizi di propedeutica al passo con abbandono progressivo delle stampelle.